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Rapporto sull’Economia Circolare 2020
Presentato il 19 marzo in diretta streaming dal Presidente del Circular Economy Network (CEN), Edo Ronchi, e dal Direttore del Dipartimento sostenibilità dei sistemi produttivi e territoriali ENEA, Roberto Morabito, il Rapporto sull’economia circolare 2020, curato da CEN e ENEA.
Dal Rapporto, che è scaricabile qui insieme ad una versione di sintesi e alle presentazioni dei due relatori, emerge come ogni abitante della Terra utilizzi più di 11.000 kg di materiali all’anno, di cui un terzo si trasforma in breve tempo in rifiuto (finendo per lo più in discarica) e solo un altro terzo è ancora in uso dopo appena 12 mesi. A livello mondiale il consumo di materiali cresce a un ritmo doppio di quello della popolazione e per uscire da quella che viene chiamata economia estrattivista – che è responsabile di buona parte della crisi climatica e ambientale, a cominciare dall’invasione dell’usa e getta – la soluzione è l’economia circolare.
In questo campo l’Italia è sicuramente in una posizione di forza e si piazza al primo posto in Europa nella classifica per indice di circolarità, il valore attribuito secondo il grado di uso efficiente delle risorse in cinque categorie: produzione, consumo, gestione rifiuti, mercato delle materie prime seconde, investimenti e occupazione. Sotto il profilo del lavoro nel settore dell’economia circolare l’Italia è seconda solo alla Germania, con 517.000 occupati contro 659.000. Percentualmente le persone che nel nostro Paese vengono impiegate nei settori ‘circolari’ sono il 2,06% del totale, valore superiore alla media UE 28 che è dell’1,7%. Si registrano però segnali di un rallentamento, e mentre altri Paesi si sono messi a correre, in Italia gli occupati nell’economia circolare, tra il 2008 e il 2017, sono diminuiti dell’1%.
L’Italia di fatto utilizza al meglio le scarse risorse destinate all’avanzamento tecnologico e ha un buon indice di efficienza (per ogni chilo di risorsa consumata si generano 3,5 euro di Pil, contro una media europea di 2,24). Ma è penalizzata dalla scarsità degli investimenti – che si traduce in carenza di ecoinnovazione (ultimo posto per brevetti) – e dalle criticità sul fronte normativo, mancano ancora la Strategia nazionale e il Piano di azione per l’economia circolare (due strumenti che potrebbero servire anche per avviare un percorso di uscita dai danni economici e sociali prodotti dall’epidemia del coronavirus ancora in corso).
Il focus tematico di questa edizione del Rapporto ha riguardato la bioeconomia. Questo settore è cresciuto di valore e peso complessivo arrivando a fatturare in Europa, nel 2015, 2.300 miliardi di euro con 18 milioni di occupati. In Italia l’insieme delle attività connesse alla bioeconomia registra un fatturato di oltre 312 miliardi di euro e circa 1,9 milioni di persone impiegate. I comparti che contribuiscono maggiormente al valore economico (63%) e occupazionale (73%) della bioeconomia sono l’industria alimentare, delle bevande e del tabacco e quello della produzione primaria (agricoltura, silvicoltura e pesca). Il Rapporto evidenzia come la bioeconomia sia un tassello fondamentale nella salvaguardia delle risorse naturali purché sia rigenerativa, cioè basata su risorse biologiche rinnovabili e utilizzate difendendo la resilienza degli ecosistemi e non compromettendo il capitale naturale.
Nei loro interventi i rappresentati del CEN e di ENEA hanno evidenziato come la transizione verso l’economia circolare e la bioeconomia rigenerativa sia sempre più urgente e indispensabile anche per la mitigazione della crisi climatica. Per fare ciò è necessario appoggiarsi a strumenti normativi a livello europeo come il Green Deal (presentato dalla Commissione europea lo scorso gennaio) che dovrà però essere supportato dallo stanziamento di ulteriori risorse. Per raggiungere questo obiettivo serve un pacchetto di interventi molto impegnativi: una riforma dei regolamenti alla base del Patto di Stabilità per favorire gli investimenti pubblici; una nuova strategia per la finanza sostenibile in modo da incoraggiare la mobilitazione di capitali privati; una revisione delle regole sugli aiuti di Stato. La creazione di una sorta di agenzia per l’economia circolare (utilizzando le professionalità e soggetti già esistenti), che svolga il ruolo di cabina di regia, potrebbe semplificare l’intero processo.
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