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Il contributo dei processi di lavaggio di indumenti sintetici all’inquinamento da microplastica
Lo Studio del CNR, pubblicato su Nature, chiarisce cosa accade ai tessuti sintetici e misto sintetico durante la fase di lavaggio in una normale lavatrice di tipo domestico. Sono state utilizzate 4 differenti magliette (T-shirt) due di poliestere al 100%, con strutture simile ma non identiche, una di poliestere ma con il 65% di materiale riciclato ed infine una con materiali misti: poliestere, cotone e modal.
Queste magliette sono state sottoposte a normali lavaggi in lavatrice da 2 - 2,5 kg di carico con uso del detergente ma allo scarico della lavatrice sono stati apposti dei filtri di diverse dimensioni per intrappolare le fibre rilasciate.
Lo studio riporta gli esiti dopo il primo lavaggio, e nei lavaggi successivi, con riferimento ai diversi tessuti impiegati, evidenziando in particolare che la maglia contenente poliestere riciclato, diversamente dalle altre due tipologie oggetto di studio, rilascia una minore quantità di particelle tessili.
I risultati mostrano infatti che, durante un normale lavaggio in lavatrice, vengono rilasciate da 124 a 308 mg per kg di microfibre tessili: questo range è influenzato dal tipo di indumento lavato, in particolare della natura del filato e dalla torsione dello stesso.
Diversi altri studi in questo ambito evidenziano come l’inquinamento marino dovuto alle microfibre tessili di tipo sintetico incida per il 35%. Non vi è da stupirsi se si considera che l’utilizzo di microfibre sintetiche costituisce il 60% del materiale utilizzato dall’industria tessile e moda, che ogni anno ne utilizza 69,7 Mt., mentre, i lavaggi a livello domestico si aggirano, su scala globale, intorno a 840 milioni con un consumo di 20 km cubi di acqua e 100 TWh di energia.
Pensando a questi dati si comprende come il problema sia rilevante. Le microfibre tessili si creano a seguito sia di uno “stress” chimico che meccanico del materiale tessile durante il processo di lavaggio in lavatrice, per questo molte ricerche cercano di capire come intrappolare, con appositi filtri, la maggiore quantità di fibre in modo che non risultino una fonte di inquinamento per il nostro ambiente.
Queste, infatti, possono finire sia nel suolo attraverso i fanghi di depurazione, spesso utilizzati anche in agricoltura, sia nei nostri mari, dove, inevitabilmente, vengono ingerite dai pesci e dai molluschi, finendo nella catena alimentare, e mettendo a repentaglio la stessa sopravvivenza di alcune specie ittiche.
Per maggiori approfondimenti un abstract dello Studio è disponibile qui.
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